Di fronte ai guasti e alle assurdità della burocrazia italiana, anche scrittori come Franz Kafka o scienziati sociali come Max Weber rimarrebbero senza fiato. Il presidente di Assolegno, Paolo Ninatti, un valtellinese di Tirano, spiega: «Se lei guarda le fotografie del primo Novecento, vede che le nostre montagne delle Valtellina sono meno ricoperte di boschi. Oggi ce ne sono almeno il doppio. L'abbandono dell'agricoltura di montagna ha fatto in modo che la superficie boschiva sia raddoppiata. Il bosco si rifà da solo e il legno è l'unico materiale che si rigenera. Ma io, che ho due aziende, in totale 60 dipendenti, devo importare tronchi dalla Svizzera per lavorare. Sto parlando del 95% del materiale che mi serve, altrimenti dovrei chiudere domani mattina».
Scusi, signor Ninatti, mi faccia capire. Lei ha dei boschi lì, davanti agli occhi, nella sua Valtellina, in territorio italiano. Ha bisogno di tronchi per lavorare e non riesce a trovarli. Ma a chi si rivolge?
Questa è una bella domanda e se lei trova la risposta merita un premio. La competenza in Italia è divisa tra ministero dell'Agricoltura e ministero dell'Ambiente, che poi viene demandata a Regioni, Province e Comunità montane. Quando ho bisogno di legno mi domando: a chi devo chiedere? Alla fine ci sono una trentina di soggetti che si disputano competenze e prima che si ritrovino tutti d'accordo, io ho già bello che perso il lavoro. Quindi per galleggiare, come facciamo un po' tutti in questi momenti, chiedo agli svizzeri, i quali quando sentono parlare di queste vicende italiane si fanno delle sonore risate. Ma questo non succede solo in Valtellina: in Piemonte si importa legno dalla Francia e in Veneto dall'Austria.
Forse ci sarà un problema di cosiddetta sostenibilità, di economia sostenibile e quindi di tutela del territorio?
Guardi che la parola sostenibilità non è un'invenzione dei nostri giorni. Sta scritta nei manuali del Settecento per mantenere bene i boschi, conservare e tutelarne la crescita e, al momento giusto, sfruttarla per fare delle case, dei mobili, del materiale per infrastrutture. Non si è inventato nulla di nuovo. Ci sono boschi che hanno tagliato i nostri nonni, sono normalmente ricresciuti e in alcuni casi abbiamo già tagliato noi. Si è solamente complicato il tutto burocraticamente.
Lei è presidente di Assolegno, chi rappresentate?
Le segherie, che stanno quasi scomparendo, le carpenterie, le imprese di legno lamellare per grandi strutture, il settore case ed edifici a struttura di legno. In questo momento c'è una grande richiesta. Pensi che c'è un comune in Svizzera, a Paschiano, dove vivono cinquemila persone che producono tutto quello che si produce in Valtellina, che ha 180mila persone.
Voi praticamente date la materia prima a una serie di imprese che lavorano il legno e quindi servite “distretti industriali” di primissima qualità, anche nel mondo dell'arredamento e del mobile.
Di fronte ai guasti e alle assurdità della burocrazia italiana, anche scrittori come Franz Kafka o scienziati sociali come Max Weber rimarrebbero senza fiato. Il presidente di Assolegno, Paolo Ninatti, un valtellinese di Tirano, spiega: «Se lei guarda le fotografie del primo Novecento, vede che le nostre montagne delle Valtellina sono meno ricoperte di boschi. Oggi ce ne sono almeno il doppio. L'abbandono dell'agricoltura di montagna ha fatto in modo che la superficie boschiva sia raddoppiata. Il bosco si rifà da solo e il legno è l'unico materiale che si rigenera. Ma io, che ho due aziende, in totale 60 dipendenti, devo importare tronchi dalla Svizzera per lavorare. Sto parlando del 95% del materiale che mi serve, altrimenti dovrei chiudere domani mattina».
Scusi, signor Ninatti, mi faccia capire. Lei ha dei boschi lì, davanti agli occhi, nella sua Valtellina, in territorio italiano. Ha bisogno di tronchi per lavorare e non riesce a trovarli. Ma a chi si rivolge?
Questa è una bella domanda e se lei trova la risposta merita un premio. La competenza in Italia è divisa tra ministero dell'Agricoltura e ministero dell'Ambiente, che poi viene demandata a Regioni, Province e Comunità montane. Quando ho bisogno di legno mi domando: a chi devo chiedere? Alla fine ci sono una trentina di soggetti che si disputano competenze e prima che si ritrovino tutti d'accordo, io ho già bello che perso il lavoro. Quindi per galleggiare, come facciamo un po' tutti in questi momenti, chiedo agli svizzeri, i quali quando sentono parlare di queste vicende italiane si fanno delle sonore risate. Ma questo non succede solo in Valtellina: in Piemonte si importa legno dalla Francia e in Veneto dall'Austria.
Forse ci sarà un problema di cosiddetta sostenibilità, di economia sostenibile e quindi di tutela del territorio?
Guardi che la parola sostenibilità non è un'invenzione dei nostri giorni. Sta scritta nei manuali del Settecento per mantenere bene i boschi, conservare e tutelarne la crescita e, al momento giusto, sfruttarla per fare delle case, dei mobili, del materiale per infrastrutture. Non si è inventato nulla di nuovo. Ci sono boschi che hanno tagliato i nostri nonni, sono normalmente ricresciuti e in alcuni casi abbiamo già tagliato noi. Si è solamente complicato il tutto burocraticamente.
Lei è presidente di Assolegno, chi rappresentate?
Le segherie, che stanno quasi scomparendo, le carpenterie, le imprese di legno lamellare per grandi strutture, il settore case ed edifici a struttura di legno. In questo momento c'è una grande richiesta. Pensi che c'è un comune in Svizzera, a Paschiano, dove vivono cinquemila persone che producono tutto quello che si produce in Valtellina, che ha 180mila persone.
Voi praticamente date la materia prima a una serie di imprese che lavorano il legno e quindi servite “distretti industriali” di primissima qualità, anche nel mondo dell'arredamento e del mobile.
Eppure siamo in questa difficoltà cronica nel reperire la materia prima che ci serve per lavorare. In questo momento galleggiamo, tra mille difficoltà conosciute da tutti, con il problema dei pagamenti che è diventato veramente problematico. Ci salva la grande richiesta di legno che esiste sempre. Ripeto, galleggiamo in attesa di tempi migliori. Certo, la redditività è fortemente diminuita, ma che cosa dovremmo fare?
Mi scusi se mi ripeto: ma in Italia ci sono veramente grandi risorse forestali?
Ci sono grandissime riserve forestali, ma non esiste un'adeguata manutenzione del bosco, non ci sono politiche d'incremento, manca un'adeguata valorizzazione. Tutto quello che fanno altri paesi confinanti con noi. Le dirò di più. Capita anche che spesso gli austriaci, ad esempio, chiedano di tagliare tronchi in territorio italiano e riescano a ottenerlo. Poi magari ce lo rivendono, esportandolo.
In sostanza siete praticamente impediti a fare il primo lavoro di un prodotto che si rigenera da solo con il tempo e non riuscite a trovare un interlocutore valido.
E' proprio così, in questi termini. Siamo imprese buone, lavoriamo bene, ma siamo praticamente imbavagliati dalla burocrazia e aspettiamo sempre almeno una cabina di regia che ci faccia uscire da questa situazione.
(Gianluigi Da Rold)