giovedì 24 novembre 2011

MALTEMPO, FEDAGRI: BENE APPELLO PRESIDENTE NAPOLITANO, PASSARE DALLA GESTIONE DELLE EMERGENZE ALLA PREVENZIONE

Comunicato stampa

MALTEMPO, FEDAGRI: BENE APPELLO PRESIDENTE NAPOLITANO, PASSARE DALLA GESTIONE DELLE EMERGENZE ALLA PREVENZIONE

Le 400 cooperative forestali italiane si candidano a svolgere un ruolo di primo piano nella manutenzione e gestione sostenibile del patrimonio boschivo. Più del 50% dei nostri boschi non sono più gestiti.

foreste7 Roma, 24 novembre 2011 – “Sulle vittime e i danni provocati dal maltempo nel nostro Paese condividiamo e rilanciamo l’appello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ieri ha sottolineato l’esigenza di riproporre adeguate e costanti politiche di prevenzione. Occorre passare dalla gestione delle emergenze ad una fase di prevenzione dei dissesti idrogeologici, rilanciando un grande progetto di manutenzione e gestione sostenibile del patrimonio boschivo: potremmo in tal modo tutelare meglio il territorio e difendere nel contempo una ricchezza per le popolazioni residenti e le generazioni future”.

Lo ha dichiarato il presidente del settore Forestazione di Fedagri-Confcooperative Gasper Rino Talucci al termine del Consiglio di Presidenza, esprimendo il cordoglio dell’organizzazione cooperativa per le vittime provocate dall’alluvione che ha colpito le province di Messina e Catanzaro.

“Le oltre 400 cooperative forestali italiane – ha aggiunto Talucci – possono rivestire in tal senso un ruolo di protagonista nell’ambito della manutenzione del territorio, in particolare quello boschivo. È stato calcolato che più del 50% dei nostri boschi, che occupano una superficie pari a circa un terzo della superficie totale nazionale, non sono più gestiti. L’abbandono delle attività forestali non tutela l’ambiente ma al contrario comporta processi di degrado di cui il fenomeno delle frane d’inverno e degli incendi d’estate sono alcuni dei segnali più evidenti ed allarmanti”.

“L’impegno per la manutenzione del territorio – ha proseguito Talucci - deve vedere la forte partecipazione di tutti gli attori interessati, dagli imprenditori e proprietari dei boschi alle istituzioni locali e nazionali e alle organizzazioni di rappresentanza, con un abile coordinamento che possa anche nel caso rivedere le competenze affidate alle regioni, in un’ottica di semplificazione e sburocratizzazione”.

“Sarà indispensabile in tal senso – così ha concluso Talucci – che le cooperative forestali possano operare interventi per la manutenzione e l’utilizzo attivo e sostenibile dei boschi senza essere rallentate o ostacolate da lungaggini o vincoli di natura burocratica. Con poche risorse, ed alcune volte senza neppure impegnare risorse pubbliche, si potrebbe tutelare il territorio e garantire sviluppo e occupazione nelle aree più svantaggiate del nostro paese”.

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UFFICIO STAMPA FEDAGRI – CONFCOOPERATIVE

Abbiamo 200 alberi a testa ma bisogna trattarli meglio

In occasione della Giornata nazionale, un bilancio della forestazione italiana. Superficie raddoppiata nel giro di mezzo secolo, ma il bosco per diventare una vera ricchezza deve essere curato

di SARA FICOCELLI
 Abbiamo 200 alberi a testa ma bisogna trattarli meglio

ROMA - Per Kahlil Gibran erano "liriche che la terra scrive sul cielo", per Joyce Kilmer le poesie di Dio, per Gandhi il simbolo della realizzazione di ogni sforzo umano. Idolatrati e martoriati, gli alberi sono sempre stati destinatari di molte parole e pochi fatti, soprattutto a livello di tutela. Il 21 novembre l'Italia ha deciso di dedicar loro una giornata nazionale, in memoria di Sandro Usai e di tutte le vittime delle alluvioni di tre settimane fa, dato che è stata anche la mancanza di gestione forestale ad aver provocato 18 morti fra Liguria e Toscana.

Una ricorrenza simbolica che chiude l'"International Year of Forests - Anno Internazionale delle Foreste" e che servirà a far riflettere sull'importanza di questi "pilastri della terra" che ci sostengono producendo ossigeno, contenendo le piogge, ospitando e nutrendo gli animali e fortificando gli argini dei fiumi.
Malgrado l'urbanizzazione feroce e l'abusivismo edilizio siano piaghe diffuse, il nostro paese è ancora tappezzato da Nord a Sud di boschi splendidi e negli ultimi 50 anni la superficie forestale è addirittura raddoppiata. Un dato che da un lato è positivo, ma che dall'altro è sintomo dell'abbandono delle aree rurali da parte della popolazione e della riconquista da parte del bosco di quei territori che una volta erano coltivati o abitati. Secondo il Corpo Forestale dello Stato, gli alberi sul territorio sono 12 miliardi, quasi 200 per ogni italiano, 1360 per ettaro, e tra le specie più diffuse il primato spetta al faggio, con oltre un miliardo di esemplari che ricoprono quasi tutti gli Appennini. Il più "famoso" è invece l'abete rosso, il tradizionale albero di Natale, diffusissimo sulle Alpi.


L'intenzione di preservare questo patrimonio e gestirlo in modo sano è dimostrata dall'aumento esponenziale di boschi con marchio PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes), il sistema di certificazione più diffuso al mondo, che attesta che una foresta è gestita in modo sostenibile. "Il concetto di sostenibilità è molto ampio - spiega Antonio Brunori, segretario generale PEFC Italia - e significa che quel legno proviene da una foresta controllata, che non sparirà mai, perché tutti gli alberi tagliati verranno sistematicamente sostituiti da altrettante piante. Non solo: il legno certificato proviene da foreste dove le persone lavorano nel rispetto dei diritti sociali e delle norme di sicurezza, quindi al vantaggio per l'ambiente si aggiunge quello per la società".


Al momento in Italia sono certificati 773.667 ettari di foresta, che corrispondo all'8,5% della superficie totale a bosco; 744.538 con lo schema PEFC e 59.456 con quello FSC (che sta per Forest Stewardship Council, ente che garantisce la provenienza ecosostenibile del legno), oltre a 28.925 ettari con doppia certificazione PEFC-FSC (16.347 ettari in Lombardia e 12.578 in Trentino).
"Il maggior interesse alla certificazione forestale - spiega ancora Brunori - lo hanno dimostrato Paesi importatori di legname come Francia, Gran Bretagna, Germania e Olanda, che con gruppi ambientalisti molto attivi hanno fatto pressioni a livello politico e sull'opinione pubblica, precedendo molti altri Stati nello stilare una propria politica per l'acquisto di beni cosiddetti "verdi", cioè il Green Public Procurement (GPP)".
In Friuli è persino stata già costruita la prima casa fatta interamente con legno certificato PEFC: a realizzarla è stato l'ingegnere Samuele Giacometti, che al progetto "Sa Di legno", frutto di un sogno che lo ha portato a trasferirsi da Bologna in Carnia con la moglie e i tre figli un anno fa, ha dedicato il libro "Come ho costruito la mia casa di legno" (Compagnia delle foreste). A vederla da fuori la sua sembra un'abitazione normale, ma basta entrare per sentire che le pareti, le sedie, i tavoli e persino i giochi dei bambini (tutti realizzati con i tronchi di 43 alberi acquistati dalle foreste certificate locali) "sanno di legno", hanno cioè l'odore della natura.


Ma le abitazioni sono solo la punta di un icerberg. "Sempre in Friuli - continua Brunori - esiste una birra certificata PEFC, a base di pino mugo e pino silvestre, provenienti da boschi controllati. A produrla è il Birrificio Artigianale "Foglie d'erba" e si tratta della prima esperienza a livello internazionale di birra aromatizzata con prodotti forestali e provenienti da foreste certificate". Seguendo la stessa logica, grazie all'Associazione Muzzana Amatori Tartufi, è nato anche il "tartufo bianco certificato", e molte altre realtà economiche italiane stanno aderendo al circuito della gestione attiva forestale.


Per i prodotti in legno e cellulosa (cioè certificati con la "catena di custodia"), in Italia ci sono esattamente 1.300 aziende di trasformazione con marchio PEFC e FSC. La loro materia prima sono appunto i boschi nostrani, per fortuna in continua espansione, in linea con le richieste del Protocollo di Kyoto. "La crescita si attesta intorno allo 0,3 % annuo - conclude Brunori - l'equivalente di 4 metri cubi per ettaro. Un dato che ci permetterà di detrarre dalle nostre emissioni circa 25 milioni di tonnellate di carbonio, risparmiando due miliardi e mezzo di euro di sanzioni". La conoscenza puntuale e precisa degli ecosistemi forestali assume dunque oggi un valore mai considerato prima. Utile all'ambiente e all'economia, nell'interesse nostro e delle generazioni future.

lunedì 21 novembre 2011

Consulta Nazionale per le Foreste e il Legno e la Carta

bosco20È urgente la revisione delle norme riguardanti la pianificazione e l’utilizzazione del patrimonio forestale, il ripristino delle alberature, il controllo permanente e la pulizia degli alvei fluviali e torrentizi, che non possono venire lasciate soltanto all’evoluzione naturale”, questo è il messaggio condiviso da tutti i componenti della Filiera Foreste-Legno riuniti nella Consulta Nazionale per le Foreste, il Legno e la Carta presieduta dall’On. Alfredo Diana, già Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali.

Queste misure, che sono necessariamente a carico dello Stato, possono contribuire in maniera sensibile a ridurre le situazioni di pericolo che minacciano oltre 5000 Comuni a rischio idrogeologico ed al tempo stesso favorire la produzione ed il riciclo di notevoli biomasse legnose. 

L’impegno della Consulta, che proseguirà nel 2012 secondo le linee indicate dal Piano forestale dell’Unione Europea affinché il ruolo centrale della filiera Foresta-Legno possa dare una risposta ai nuovi scenari indicati dalle normative ambientali ed energetiche europee, è dedicato all’esame dei notevoli progressi compiuti dal settore nell’applicazione dei principi dello sviluppo ecosostenibile, così come previsto dalla “green economy”, che rappresenta uno dei momenti fondamentali per il superamento della fase critica dell’economia  che ha colpito la maggior parte dei Paesi industrializzati.

A questo scopo”  sottolinea il Vice Presidente della Consulta, Presidente dell’Associazione Forestale Italiana e membro del Consiglio Direttivo di FederlegnoArredo Paolo Bortolotti, “la creazione di sinergie tra le filiere agricole e selvicolturali a livello locale quali la produzione di energia, la valorizzazione del legno in edilizia, il riconoscimento di crediti di carbonio ai prodotti legnosi, richiedono l’aumento della disponibilità di materiali legnosi sul territorio nazionale”. Considerazione quest’ultima condivisa anche dal Direttore Generale di Assocarta Massimo Medugno e da Angelo Fantin di Confartigianato Legno Arredo.

La Consulta, per la concreta realizzazione delle politiche sostenibili, ritiene prioritario affrontare anche il secolare problema della fragilità  del suolo, come dimostrano le catastrofiche alluvioni che hanno provocato la perdita di vite umane, di beni, di infrastrutture industriali ed artigianali ed elevatissimi danni finanziari, dalla Liguria alla Sicilia.

Il ripetersi di eventi metereologici eccezionali determinati dal probabile cambiamento climatico, impongono l’attuazione di efficaci interventi di prevenzione dei rischi idrogeologici.

La ben nota fragilità strutturale delle pendici, che si è accentuata in seguito all’abbandono delle attività tradizionali nelle aree collinari e montane, rende urgente l’adozione di una nuova politica per il governo del territorio.

In quest’ambito la Consulta sottolinea l’importanza degli Stati Generali del Legno, che  si riuniranno a Firenze i prossimi 18 e 19 Novembre 2011 in occasione della prima manifestazione de “Il Filo Verde” organizzata da Federlegno-Arredo, sull’opportunità che una più razionale gestione forestale venga considerata fondamentale per la manutenzione del territorio.

A questo proposito” sottolinea Massimo Medugno, DG di Assocarta “anche il settore cartario nazionale supporta e promuove la gestione sostenibile delle foreste anche attraverso la campagna informativa Two Sides – Il lato verde della carta (www.twosides.info/it), un’iniziativa della filiera italiana ed europea della comunicazione su carta che punta a sfatare luoghi comuni, che vedono la carta come sinonimo di deforestazione, presso il grande pubblico e in particolare il target giovani”.

Secondo dati FAO le foreste europee crescono di un’area pari a 1,5 milioni di campi da calcio ogni anno equivalenti a 850.000 ha. Proprio la gestione sostenibile delle foreste è oggetto di una delle pagine informative Two Sides, in corso di pubblicazione sulle principali testate quotidiane e specializzate, dal titolo “La carta fa il tifo per le foreste”.

Boschi liguri a rischio dissesto

boschi3 Gli alberi morti in piedi e a terra sono i più elevati d’Italia. L’abbandono delle aree rurali sul banco degli imputati

Nonostante il 95% delle foreste liguri siano definite potenzialmente disponibili alla raccolta del legno, sono in media di età avanzata e spesso hanno superato il turno consuetudinario

Il 15% del territorio boscato ligure, la regione d’Italia che ha la maggior superficie boscata (387.170 ha pari al 71,5% di quella totale), è soggetto a dissesti a causa dell’abbandono delle aree rurali e di conseguenza della mancanza di un adeguato presidio territoriale in grado di garantire la gestione forestale, la regimazione idrica, oltre che il mantenimento di un corretto deflusso superficiale delle acque meteoriche. E’ quanto sottolinea il CONAF (Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali) su elaborazione dei dati INFC, in seguito alle alluvioni che hanno colpito la Liguria nelle scorse settimane.

L’elevata presenza di necromassa (alberi morti in piedi o atterrati) in Liguria raggiunge, infatti, i livelli più alti d’Italia e testimonia l’assenza di una gestione attiva dei boschi. Il 75,5% della necromassa ligure si riferisce agli alberi morti in piedi (364,4/ha contro i 154,6/ha in media delle regioni dell’Appenino centro nord e i 134/ha di media in Italia) per un totale di 13,9 m³/ha (5,2m³/ha la media delle regioni dell’Appennino centro nord e 5,4 m³/ha dell’Italia). Si tratta, nel dettaglio, della percentuale più alta d’Italia, seguita dal Piemonte con 10,2m³/ha e dalla Toscana e dalla Lombardia con 8,5 e 8,2 m³/ha. Anche la necromassa a terra in Liguria è superiore alla media nazionale (3,1 m³/ha contro l’1,3 m³/ha dell’Appennino centro nord e 1,9 m³/ha dell’Italia).

«Un dato allarmante che, pur in presenza di precipitazioni di oltre i 500 mm in poche ore, testimonia una mancanza nella corretta gestione dei boschi. Alcuni corsi dei fiumi a causa dell'eccessivo materiale sedimentario accumulato, infatti, hanno modificato il loro corso, fenomeno favorito anche dalla presenza incontrollata di vegetazione sia viva che morta» - spiega Sabrina Diamanti, presidente della Federazione dei Dottori Agronomi e dei Dottori della Liguria.

I problemi di gestione La gestione non risulta attiva a causa dell’abbandono delle aree rurali, delle difficoltà di accesso e di lavorazione nei soprassuoli. Nonostante il 95% delle foreste liguri siano definite potenzialmente disponibili alla raccolta del legno, sono in media di età avanzata e spesso hanno superato il turno consuetudinario. Il 53% dei cedui è in uno stadio adulto e il 36% è considerato invecchiato. Quindi solo l’11% dei cedui risulta in fase giovanile.

«Crediamo – spiega il presidente Diamanti - che a questo punto non resti che iniziare un percorso di pianificazione che abbia una dimensione territoriale e non locale, occorra individuare politiche gestionali che agevolino le operazioni colturali nei boschi contribuendo anche a invertire il processo di esodo verso la città, venendo incontro alle esigenze di imprenditori agricoli e forestali che hanno intenzione di mantenere o iniziare la propria attività. Si rendono necessari una chiarezza normativa e uno snellimento burocratico. Occorrono politiche di gestione degli alvei fluviali che ripartano dalla situazione attuale e non si basino su dati ormai obsoleti. Occorre eliminare una miopia progettuale che continua a ignorare che la gestione ambientale è una materia multidisciplinare, che l’attività di pianificazione deve riguardare tutto il territorio, superfici e versanti boscati compresi, coinvolgendo tutte le figure professionali necessarie».

Nei giorni scorsi il presidente CONAF Andrea Sisti aveva chiesto l’introduzione di norme in grado di fermare il consumo di suolo e introdurre strumenti finanziari finalizzati alla realizzazione di opere di manutenzione del territorio con l’obiettivo di inserire diritti ecologici e paesaggistici che devono sostituire gli oneri di urbanizzazione.

«Occorre invertire la rotta – ha detto Sisti - altrimenti non ci sarà sviluppo se non c’è territorio. Dobbiamo riqualificare le città nell’ottica di interconnettere e interconnetterle con il territorio circostante. Un’operazione non più procrastinabile che deve necessariamente portare a cambiare i sistemi di tassazione sul territorio per migliorare la qualità degli insediamenti. Le amministrazioni comunali e gli enti preposti devono essere obbligati con questa modalità di contribuzione a fare interventi per la salvaguardia del territorio e non deturparlo».

Il bosco ligure - In Liguria (dati carta dei tipi forestali della Regione Liguria) i boschi alti (cerrete, faggete, castagneti,e pinete) coprono 325.651 ha, il 60% dell’intera superficie regionale, l’84,4% di quella forestale totale. Gli arbusteti (collinari, montani, subalpini e macchie termo mediterranee) coprono invece 28.689 ha, il 5,3% della superficie regionale e il 7,4% di quella forestale. Infine le boscaglie pioniere o di invasione pari a circa 19.015 ha, il 4,9% della superficie forestale e le formazioni riparie che coprono 12.648 ha il 3,3% della superficie forestale. In questo contesto le provincie con la maggiore superficie forestale risultano essere Genova e Savona con rispettivamente 131.344 ha (71,6% della superficie provinciale e 33,9% della superficie forestale regionale) e 117.868 ha (76,3% della superficie provinciale e 30,4% di quella forestale regionale). Seguono Imperia con 75.598 ha ( 65,4% della superficie provinciale e il 19,5% della superficie forestale regionale) e La Spezia con 62.361 ha (70,7% della superficie provinciale e 16,2% di quella forestale regionale).

Fonte: Lorenzo Benocci

di C. S.

da www.teatronaturale.it

giovedì 10 novembre 2011

Non si ferma il boom del pellet

Secondo uno studio condotto dalla Hawkins Wright, circa 2,5 milioni di tonnellate di pellet sono stati importati in Europa nel 2010, circa il 40% in più rispetto al 2009, e gli esperti prevedono che il commercio internazionale dei pellet di legno continuerà a crescere nei prossimi anni. La Pöyry Management Consulting prevede flussi commerciali transcontinentali per un volume di 18 milioni di tonnellate di pellet all'anno nel 2020.

Secondo l'indagine effettuata dalla Hawkins Wright, il mercato principale per pellet di legno è l'Europa, con i Paesi Bassi che hanno acquistato 900.000 tonnellate nel 2010, seguiti dal Regno Unito che ne ha acquistate oltre 500.000 tonnellate. Il mercato dell'Europa centrale è rifornito principalmente da Stati Uniti e Canada, con circa 1,6 milioni di tonnellate di pellet spediti dagli Stati Uniti e dal Canada verso l'Europa nel 2010. Tra il 2008 e il 2010, il numero dei trasporti pellet dal Nord America raddoppiato - e la tendenza continua. Ma anche un Russia la produzione cresce. La più grande fabbrica di pellet del mondo si trova a Vyborg e ha una capacità annua di 900.000 tonnellate. Anche il Brasile si sta gettando in questo business. Il produttore nazionale di carta, Suzano, progetta di acquisire tre stabilimenti pellet, che assieme hanno una capacità annuale di 3 milioni di tonnellate.

Difficile escludere che questa crescita della domanda di fibre non impatterà sulle foreste. L'Unione Europea ha stabilito dei critari minimi per l'importazione di biomassa liquida (biodiesel) ma non per le biomasse solide.

martedì 8 novembre 2011

Foreste sostenibili e boschi certificati per evitare disastri ambientali

ANCHE UN CONCORSO PER VALORIZZARE IL SETTORE

In Italia gli alberi potrebbero essere un patrimonio immenso, ma in troppe Regioni non c'è pianificazione

MILANO - Un patrimonio immenso. Ma, salvo eccezioni, trascurato. I boschi italiani, le foreste che ricoprono il nostro Paese, si estendono per una superficie di 10.467.533 ettari, un gigantesco polmone verde che ricopre il 34,74% d’Italia. Abbiamo più boschi della Germania, coperta al 31% di alberi e della Francia, con un 28,6% di piante. Ma come per il patrimonio artistico, anche quello naturale in buona misura è abbandonato a se stesso.

FRAMMENTAZIONE - «In Italia c’è frammentazione: la superficie non è unitaria, ma costituita da tanti piccoli appezzamenti privati, alcuni curati e altri lasciati andare. E poi, strade, stradine e casette insediate nel bosco o ai suoi margini lo danneggiano irreparabilmente: andrebbero creati consorzi per gestire in maniera unitaria i boschi, organismi viventi che si proteggono permettendo loro di espandersi, muoversi, rinnovarsi, andare avanti e indietro. Invece, qui li blocchiamo costruendo. Il problema è politico», spiega il professor Bartolomeo Schirone, ordinario di selvicoltura e assestamento forestale all’Università della Tuscia. «Il nostro Paese potrebbe essere una potenza forestale di prima categoria, per posizione geomorfologica e ricchezza di specie potremmo produrre legnami che nessuno in Europa ha: le specie arboree native sono 85, ma non bastano, perché non abbiamo cultura», continua Schirone. «In molte regioni, e penso al Lazio, alla Basilicata, alla Calabria, i boschi e le foreste sono abbandonati al loro destino, in mano ai bracconieri, con animali allo stato brado, tagli abusivi, nessuna manutenzione. Gli incendi bruciano in media 40 mila ettari ogni anno. Ci sono anche esempi di regioni virtuose, come il Trentino, il Friuli, la Valle d’Aosta, una parte del Piemonte, dove è in atto un modello corretto di filiera bosco–legno: in queste zone le foreste sono gestite da comunità e consorzi montani che rispettano e conoscono il territorio e i suoi tempi. Perché un altro problema in selvicoltura è la pressione sulla foresta: come nelle monocolture si sono resi sterili i terreni con i concimi e i pesticidi, uccidendo ogni componente organica, lo stesso succede nelle foreste, dove la pressione sul suolo e sugli alberi per ottenere un guadagno immediato uccide l’ecosistema».

FORESTE SOSTENIBILI - In Italia sono sedici i corsi universitari in scienze forestali, alcuni di altissimo livello. Con un patrimonio boschivo in crescita del 19% in 25 anni e un abuso ambientale commesso da Nord a Sud d’Italia ogni 43 minuti (dato Wwf), un pensiero al futuro delle piante nell’Anno internazionale delle foreste che sta per concludersi va alle foreste sostenibili. Cosa sono? Sono quelle dove il legname tagliato non è mai superiore a quello che cresce e dove, dopo il taglio, gli alberi sono ripiantati o aiutati a rinnovarsi naturalmente, anche grazie alle piante morte nel bosco, che garantiscono la catena nutritiva. Sono foreste dove gli habitat degli animali selvatici sono rispettati e il sottobosco, gli arbusti e le piante minori svolgono una funzione protettiva del clima, del suolo e dell’acqua. Ma, la foresta certificata (Pefc, Programma internazionale di valutazione degli schemi di certificazione forestale), è molto di più. «Il Pefc Italia è l’organo nazionale del sistema internazionale di certificazione. Aderiscono proprietari forestali, consumatori, industriali e artigiani del legno. L’obiettivo è organizzare la filiera foresta–legno fornendo derivati da foreste e piantagioni gestite in modo sostenibile da un punto di vista economico, ambientale e sociale», spiega Antonio Brunori, segretario generale Pefc. «Attualmente risultano certificati secondo il sistema Pefc oltre 226 milioni di ettari tra Canada, Finlandia, Norvegia, Svezia, Germania, Francia e Austria. In Italia sono certificati 744.538 ettari, l’8% dei boschi: il Consorzio forestale dell’Amiata con 3 mila ettari di faggeta, 38 proprietari forestali in Friuli Venezia Giulia con una superficie di 67.348 ettari, altri 27 proprietari nel Veneto hanno certificato 35.195 ettari. L’Unione agricoltori–Bauer Bund, cioè 22.926 piccoli proprietari forestali della Provincia di Bolzano, ha certificato 250.643 ettari: si tratta della più grande superficie in Europa con queste caratteristiche. Il Consorzio dei Comuni trentini rappresenta altri 246.842 ettari di foresta produttiva distribuiti tra oltre 310 proprietari pubblici e privati».

BOSCO CERTIFICATO - Il legname proveniente da un bosco certificato, viene poi trasformato: le aziende possono richiedere la «Catena di custodia», una certificazione di tracciabilità del legno Pefc. In Italia sono 370 le aziende certificate, e vanno dal mobilio agli imballaggi, dai parquet alla carta, dall’edilizia alla carpenteria, dall’editoria ai giochi. Il marchio Pefc garantisce ai consumatori che l’origine del legno e della cellulosa, è legale e sostenibile. Così, comprando fazzoletti di carta, risme per la stampante, infissi per le finestre, mobili o pavimenti, si può scegliere che tipo di consumatore essere.

FOREST SKILL - E visto che dal rapporto uomo-bosco dipende la salvezza dell’ambiente e dunque la nostra -perché sono gli alberi che proteggono il territorio da disastri idrogeologici e filtrano l’aria migliorandone la qualità - alle foreste e alla loro conservazione è dedicato il concorso Forest Skill, che ha per scopo l’individuazione di idee innovative che valorizzino il patrimonio e vadano nella direzione di creare occupazione nell’ambito ambientale, che in quindici anni ha registrato un incremento nel comparto agro-forestale del 35,8 %, in quello turistico del 14% e nel segmento controllo e disinquinamento dell’8,4%. Organizzato dalla Fondazione italiana Accenture, dal Collegio delle Università milanesi e da IdeaTRE60, Forest Skill è aperto ai progetti più vari: dalla produzione di beni al recupero idrogeologico; dal miglioramento della qualità dell’aria alla valorizzazione della funzione rifugio per la fauna selvatica; dalla salvaguardia e conservazione di specie a rischio al recupero di frammenti di bosco. «Il concorso Forest Skill», conclude Bruno Ambrosini, segretario generale della Fondazione italiana Accenture, offre grandi opportunità ai giovani. Secondo l’Isfol (Istituto per lo sviluppo e la formazione professionale dei lavoratori) tra il 1993 e il 2008 gli occupati del settore ambientale sono passati da 263.900 a 372.100, e per i prossimi anni le stime parlano di un raddoppio. «L’ambiente è un ambito sul quale investire competenze, innovazione, risorse e talenti per creare nuove professioni e rivalutare quelle esistenti».

Anna Tagliacarne

da corrieredellasera.it