lunedì 23 gennaio 2012

La valorizzazione delle biomasse legnose in Italia

Nicola Graniglia e Sabina Jez   (Dipartimento di Chimica dell'Università degli Studi di Siena)

Con il termine “biomasse” viene indicata la materia organica prevalentemente vegetale, sia spontanea che coltivata dall’uomo, terrestre e marina, prodotta per effetto del processo di fotosintesi clorofilliana con l’apporto dell’energia della radiazione solare, di acqua e di svariate sostanze nutritive.
Le tipologie più abbondanti di biomasse utilizzabili energeticamente possono essere riconducibili alle seguenti categorie:
•    le biomasse forestali e dell’industria del legno, derivanti dagli interventi di taglio e manutenzione del bosco, dalle lavorazioni delle segherie, dalla trasformazione del prodotto legno;
•    i sottoprodotti agricoli, come paglie, stocchi, sarmenti di vite, ramaglie di potatura, ecc.;
•    i residui agroindustriali, costituiti da sanse, vinacce, noccioli, lolla di riso, ecc. provenienti dall’industria alimentare (riserie, distillerie, oleifici);
•    le colture energetiche finalizzate alla produzione di biomasse erbacee o legnose per lo sfruttamento diretto (combustione) o per la produzione di biocombustibili (short rotation forestry, oleaginose e zuccherine).
•    la frazione organica dei rifiuti urbani, proveniente dalla raccolta differenziata dalla quale può essere prodotto biogas.
L’energia potenziale contenuta nelle biomasse può essere liberata direttamente come energia termica nel processo di combustione (uso tradizionale e dominante), oppure concentrata in una varietà di combustibili solidi, liquidi o gassosi, tali da rendere più facile il trasporto e l’utilizzazione finale, mediante processi termochimici o biochimici.
Le soluzioni impiantistiche variano per tipo di biomasse, tecnologia utilizzata e prodotto finale (solo energia elettrica, combinata con produzione di calore, solo energia termica). Ad esempio sono tecnologie consolidate la combustione diretta della biomassa in forni appositi in sospensione, su griglia fissa o mobile, su letto fluido; la gassificazione, pirolisi e carbonizzazione che permettono di ottenere combustibili intermedi solidi, liquidi e gassosi; la produzione di biogas mediante fermentazione anaerobica.

Schema di impianto per la generazione di energia elettrica alimentato a biomassa solida

Sebbene l'energia prodotta dalla biomassa venga considerata genericamente rinnovabile grazie al fatto che il ciclo della CO2 è chiuso (la CO2 rilasciata durante la combustione è pari a quella fissata attraverso la fotosintesi durante la crescita), in realtà la filiera di qualunque tipo di biomassa necessita di un consumo di energia fossile (energia grigia) direttamente proporzionale al numero di passaggi richiesti per la preparazione del prodotto (coltivazione, raccolta, trasformazione, trasporto, ecc.). In generale, tenendo conto dell’intera filiera, con l’energia ottenuta dalle biomasse si può ottenere un risparmio dal 50% al 80 % di CO2 rispetto alle fonti fossili.
Partendo dal presupposto che lo sviluppo delle energie rinnovabili, nell’ottica dell’abbassamento delle emissioni di CO2, sia un obiettivo imprescindibile a cui devono tendere le politiche di tutte le nazioni, i settori produttivi e i singoli cittadini con l’adozione di comportamenti responsabili e un profondo ripensamento sugli stili di vita, va però considerato che accanto agli effetti positivi vi sono delle criticità che vanno attentamente valutate e che ogni intervento che implica un consumo di risorse ambientali sia pur rinnovabili, richiede un attenta valutazione delle potenzialità territoriali.
Il ruolo attuale dell’energia derivante dalle biomasse nel soddisfacimento della domanda complessiva di energia è un tema entrato nel dibattito politico ed economico internazionale investendo questioni ambientali e sociali, oltre che economiche, come la competizione tra biocarburanti e produzione di alimenti per l'uso del suolo, la sostenibilità ambientale riguardo alla biodiversità, alla deforestazione ed alle emissioni derivanti dall'installazione di impianti di grossa taglia per la produzione di energia, alle speculazioni e distorsioni dei mercati internazionali che rischiano di indebolire ulteriormente economie già precarie di paesi terzi. Sarà quindi possibile dare vita ad un sistema veramente sostenibile solo se a livello globale e locale sarà raggiunto un equilibrio tra criticità e fattori trainanti. La produzione di energia termica o termica ed elettrica in cogenerazione in impianti decentrati di taglia medio-piccola e la cui filiera di approvvigionamento rientri in un raggio massimo di circa 50 km sembra essere, attualmente, una strada perseguibile per aumentare la produzione di energia rinnovabile minimizzando gli impatti ambientali e valorizzando le risorse locali.
Biomasse legnose di origine forestale
Le biomasse legnose per la loro localizzazione in aree rurali svantaggiate rappresentano una risorsa che comporta uno stretto legame tra la loro valorizzazione e le politiche di sviluppo delle aree marginali.
In Italia si stima che la disponibilità potenziale di materiale legnoso, sia sotto forma di materia prima (la superficie forestale italiana è di circa 10 milioni di ettari pari al 35% del territorio nazionale) che di residui dall'attività agroforestale e delle lavorazioni del legno, sia molto elevata ed adeguata a rispondere a fabbisogni energetici decentrati con impatti ambientali non negativi.
Dall’avvento della metanizzazione, l’utilizzo della legna come principale forma di energia per il riscaldamento è andato calando drasticamente e con esso lo sviluppo di un settore produttivo che è stato ritenuto marginale poiché la legna da ardere è stata considerata un prodotto obsoleto, a domanda inelastica rispetto al reddito, destinato quindi ad essere emarginato dal mercato dalla diffusione di altre forme d’energia. L’utilizzazione energetica della legna proveniente dai boschi è stata trascurata anche dalla politica forestale che non ha tenuto conto che la presenza e lo sviluppo di una domanda di legna da ardere poteva essere un potente stimolo alla realizzazione di interventi di miglioramento colturale di molti boschi degradati, riducendo, ad esempio, i costi di avviamento di cedui ad altofusti, oltre a poter sostenere un’economia forestale che, soprattutto in aree appenniniche e prealpine, era e rimane sostanzialmente collegata a forme di governo a ceduo e, quindi, alla produzione di piccoli assortimenti.

Evoluzione della superficie forestale in Italia

Fonte: Corpo Forestale dello Stato

Nell’ultimo decennio si è assistito ad una decisa inversione di tendenza, legata all'aumento dei prezzi di petrolio e GPL, all’aumento dei consumi da parte di alcuni specifici settori (ad esempio la ristorazione) ed alla disponibilità di tecnologie in grado di aumentare le rese nel riscaldamento domestico e di consentire l’uso delle biomasse in impianti di medio-grandi dimensioni altamente automatizzati nonché alla politica di incentivi messa in atto dallo stato e dalle  regioni.
Andamento dei prelievi di legna in Italia in migliaia di m3

Fonte: APAT

Le stime sulla disponibilità di biomassa legnosa a livello nazionale variano in un intervallo da 15 a 25 milioni di tonnellate di sostanza secca in relazione alla metodologia adottata ed alle fonti dei dati di partenza. Il contributo energetico potenziale è stimato intorno a 4 MTEP (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). Di fatto, sebbene siano disponibili numerosi studi e ricerche nel settore delle bioenergie forestali, essi sono in genere finalizzati a contesti territoriali limitati. Manca cioè un quadro d’insieme sulla distribuzione geografica della domanda e dell’offerta di combustibili legnosi.
Le statistiche prodotte dal GSE S.p.A. rilevano che nell’arco temporale compreso tra il 1999 e il 2009, il numero degli impianti alimentati da biomasse solide (principalmente cippato di legna) è aumentato secondo un tasso medio annuo pari al 7,8%. Dai 25 impianti del 1999 si arriva fino ai 53 impianti presenti in Italia nel 2009.

Evoluzione della potenza installata e del numero degli impianti alimentati da biomasse solide in

Italia dal 1999 al 2009

Fonte: GSE S.p.A.

Nel periodo considerato, la produzione di energia è salita da 587 a 2.828 GWh (per un incremento medio annuo del 17%); mentre l’evoluzione del parco impianti alimentati da biomasse solide è stata caratterizzata da un incremento della taglia: nel 1999 la dimensione media è pari a 7,9 MW, nel 2009 arriva a 8,9 MW.
Distribuzione percentuale regionale della produzione da biomasse solide nel 2009

Fonte: GSE S.p.A.

Questo rapido proliferare di impianti anche di grossa taglia, favorito dal regime di incentivi, se da una parte contribuisce a  realizzare gli obiettivi di produzione di energia rinnovabile e risparmio di CO2 che il nostro Paese deve raggiungere per rispettare gli impegni europei e il protocollo di Kyoto, d'altra parte mette in luce le criticità dovute ad una mancanza di pianificazione e coordinamento a livello nazionale ed ai limiti del settore forestale che sconta l'arretratezza dovuta ad anni di scarsa considerazione.
Uno dei rischi a cui più facilmente si può andare incontro è legato a valutazioni erronee o approssimative riguardo alla disponibilità reale della biomassa: spesso le valutazioni teoriche anche a livello locale  non tengono debitamente conto delle difficoltà reali di approvvigionamento causate da una serie di fattori come la scarsità di ditte forestali attrezzate, la frammentazione della proprietà, la difficoltà nelle operazioni di taglio ed esbosco per mancanza di un'adeguata viabilità forestale, la domanda di prodotti legnosi preesistente e l'eventuale vicinanza con altri impianti con lo stesso bacino di approvvigionamento.
Se vogliamo quindi evitare che si faccia ricorso a materia prima proveniente dall'estero con l'annullamento del vantaggio ambientale, è auspicabile che queste considerazioni unitamente ad altre di carattere ambientale ed economico vengano poste alla base di ogni processo decisionale che riguardi l'installazione di impianti a biomassa forestale.

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